Le locazioni a uso turistico nell’occhio del ciclone: comparazione internazionale ed evoluzione legislativa

La grande diga sta cedendo: la vexata questio della locazione breve a uso turistico vissuta come concorrenza sleale dell’attività ricettiva regolamentata verrà superata, in Italia, dalla proposta legislativa che sta prendendo forma grazie all’iniziativa della Ministra Santanchè, di cui gira la seconda bozza del DDL da presentare all’esame del Parlamento.

Echi di venti di guerriglia nelle destinazioni più gettonate del mondo, strali dei sindaci nazionali, l’ultima decisione, in ordine di tempo, della municipalità di New York di contingentare fortemente le locazioni inferiori ai 30 giorni, fanno pensare il peggio per il sistema dell’ospitalità in case private, come lo abbiamo visto in Italia negli ultimi anni. Ma anche il turismo come settore economico non rimarrà indenne da queste riflessioni e proposte.

La mia pratica di albergatore, presidente dell’antesignana DMO veronese, property manager, attualmente intellettuale mi consentono di commetare il fenomeno con quel distacco che molti, coinvolti economicamente e schierati su fronti opposti, dimostrano di aver perso in una lotta ideologica che, nell’assenza di senso pratico, cerca di scaricare sulla parte perdente tutte le contraddizioni della società italiana (che non è un’iperbole retorica ma la conseguenza dei troppi discorsi che vengono pronunciati sul fenomeno “casa”).

Questo articolo era nato per commentare una notizia diversa ma non avulsa: con risposta a un interpello alla Agenzia delle Entrate pubblicato il 24 luglio scorso la Direttrice Centrale Piccole e Medie Imprese Divisione Contribuenti ha risposto a un quesito a proposito della richiesta di detraibilità dell’Iva sull’acquisto di un immobile classificato catastalmente come abitativo giustificandola con l’utilizzo strumentale dello stesso ad attività di locazione turistica da parte di un’impresa con oggeto sociale “la gestione e l’esercizio di attività ricreative, sportive, turistiche, anche attraverso la gestione di alberghi, resort, case, vacanza, affitta camere, bed & breakfast, residence e ristoranti”.

“L’Istante ritiene di poter detrarre l’IVA in quanto la locazione turistica dell’immobile è attività assimilabile a quella turistico-alberghiera, per la quale può considerarsi  esclusa  l’indetraibilità  oggettiva  prevista  dall’articolo  19 bis,  comma  1,  lettera i) del Decreto IVA. L’attività di ”case vacanze” va ricondotta infatti nell’ambito dell’attività economicarilevante ai fini IVA di servizi di natura alberghiera.” argomenta la società richiedente, così demolendo la difesa che, fin dall’inizio, i proprietari e i gestori degli immobili hanno eretto per mantenere la locazione turistica avulsa dalla normativa regionale che regola, per dettato costituzionale, l’attività ricettiva alberghiera e para (extra o complementare, a seconda delle diciture legislative regionali) alberghiera perchè afferente alla norma nazionale della locazione di cui alla legge 431/98 e successive modifiche; detraibilità Iva interdetta giocoforza a chi non possiede una partita Iva e conduce quindi detti immobili in forma individuale non professionale.

Paradossale che i servizi concessi ai locatori turistici (pulizie al cambio degli ospiti e approntamento della prima dotazione di biancheria) vengano nella fattispecie utilizzati per sostenere la natura para-alberghiera della locazione stessa, che quindi passa da mero godimento di bene ad attività commerciale propriamente detta conducano all’applicabilità dell’Iva sulle operazioni di locazione (attirandole nell’aliquota agevolata del 10% prevista per i servizi ricettivi) e la detraibilità per i costi sostenuti e per l’acquisto dell’immobile, che diventa strumentale funzionalmente e non per natura.

Il parere positivo dell’Ade ai quesiti proposti vengono così argomentati: se generalmente gli immobili di civile abitazione non consentono la detraibilità dell’Iva sull’acquisto, riservata ai costruttori, quando si parli di attività alberghiera, la strumentalità (esclusa dalla classificazione catastale) viene riconosciuta per deduzione, alla quale viene equiparata la gestione professionale (sottoposta alla richiesta di partita Iva) di detti immobili locati a uso turistico ogni volta in cui “… agirà sulla base di un mandato con rappresentanza, conferito dall’Istante, in forza del quale gli atti giuridici posti in essere dal mandatario producono i loro effetti direttamente in capo al mandante. Ne consegue che se la prospettata attività turistico ricettiva è continuata dalla Società anche se per il tramite di un outsourcer nel rispetto della normativa di settore: le relative prestazioni sono assoggettate a IVA nella misura stabilita dal n. 120 della Tabella A, Parte III, allegata al Decreto IVA, ossia 10 per cento (cfr.sul punto anche risposta n. 84 del 2020); in conseguenza dell’imponibilità delle prestazioni di alloggio in esame, in coerenza con i principi generali dell’IVA, l’imposta sull’acquisto di beni o servizi afferenti dette tipologie di prestazioni risulta detraibile benché relativa ad unità che sotto l’aspetto catastale si presentano come abitative…”

Abbiamo così un riconoscimento dell’affinità tra l’attività alberghiera, quella para-alberghiera e la locazione breve a uso turistico con la conseguente attrazione di quest’ultima nell’ambito normativo e regolamentare regionale (e delle due province autonome) per la quale sarà necessaria una revisione legislativa per nuovi criteri tassonomici di classificazione e requisiti minimi per operare, tra i quali il rilascio di una licenza comunale. E così, nelle more di un’impugnazione davanti a qualche tribunale amministrativo, verrà persa autonomia e distinzione tra ospitalità alberghiera ed extra, quando effettuata da soggetti di natura imprenditoriale, rimanendo una riserva per quegli immobili gestiti personalmente, dai proprietari, nell’ambito della gestione patrimoniale personale.

Ma la bozza del DDL arriva a contingentare facoltà, divieti e obblighi, per cui la stessa libertà di utilizzo della cosa posseduta da ogni cittadino, sancita dalla Costituzione Italiana, viene messa in crisi per prese di posizione nette, quanto male organizzate, abbassando di imperio il numero di appartamenti gestibili senza l’attribuzione della qualifica di imprenditore.

Già all’art.1 viene dimostrata l’intenzione di creare un nuovo periodo legislativo autarchico, come molti provvedimenti del Governo Meloni, estendendo gli effetti del provvedimento a tutto il comparto ricettivo italiano, con conseguenze che molte categorie devono ancora metabolizzare (e per contrastare le quali si organizzeranno a giorni, con richieste di modifiche che preannunciano una vita parlamentare quanto meno conflittuale -che in Italia si può sempre superare con una lapidaria questione di fiducia-), sottostimando le reazioni delle regioni alla riserva legislativa sancita dalla riforma del titolo V della Carta.

Abbiamo così un documento assai ambizioso che, invece di affrontare le problematiche del proliferare della locazione breve (la principale: si è rotto il patto di fiducia tra locatore e locatario per cui nessuno è più disponibile ad affittare, senza garanzie ridondanti, dei locali a chi richiede il cambio di residenza, magari ha dei bambini piccoli, e organizza un trasloco coi propri mobili per prendere possesso dell’appartamento….) cerca di creare barriere all’entrata e alla prosecuzione dell’attività, seguendo pedissequamente i suggerimenti della parte “onesta” tra i belligeranti, ossessionati paranoicamente dalle regole e che li zavorrano nell’attività oltre il sopportabile: gli albergatori.

Il tema dell’art.2, che conferma la decisione ventilata con la prima bozza del DDL di impedire l’ospitalità per una sola notte alle locazioni per finalità turistiche “…nelle zone territoriali omogenee A di cui all’art. 2  del decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 dei comuni capoluoghi delle città metropolitane… ” indebolisce l’architettura legislativa della bozza di provvedimento perchè sarà certamente motivo di impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale per evidente discriminazione nell’utilizzo del bene posseduto, al punto da meravigliare che un ufficio di verifica legislativa ministeriale abbia validato la proposta: il minimum stay di due notti non è previsto sarà generale su tutto il territorio nazionale, ma dove la normativa prevede gli strumenti urbanistici vengano predisposti per regolamentare costruzione e gestione degli immobili a fine abitativo.

Così come l’influenza del numero di appartamenti per consentire la gestione delle locazioni in forma imprenditoriale o non-imprenditoriale, con la spada di Damocle dell’inapplicabilità del regime di cedolare secca (che ricordo è il 21% sul lordo percepito, quindi una cifra assai elevata perchè calcolata al lordo dei costi di gestione che, nel caso di locazione turistica, sono ingenti), e il paradosso, evidentemente ignorato dal redattore del provvedimento, che tre appartamenti condotti in un borgo dell’Italia centrale obbligano all’ottenimento della partita iva mentre tale obbligo non sussiste per il possessore di due unità immobiliari nel centro di Roma: non mi sembra ci voglia un esperto di estimo per considerare la differenza di incassi che le due fattispecie possono generare…. Senza considerare che, malgrado gli annunci di lotta all’evasione, l’inapplicabilità della cedolare secca fa rivalutare l’opportunità di ricacciare nel buio dell’evasione totale i tanti contratti che erano riemersi grazie all’introduzione (sempre troppo contingentata) della fattispecie.

All’art.3 si conferma l’obbligo dell’adozione del codice identificativo nazionale “ad ogniunità immobiliare ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche” che verranno assegnati dal Ministero, ma previa presentazione in via telematica della relativa istanza, “alle strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere, definite ai sensi delle normative regionali vigenti”.

Insomma CIN per tutti! Con una procedura ancora da presentare, su istanza obbligatoria dei richiedenti, in barba al lavoro fatto dalle Regioni e dai codici identificativi regionali esistenti nonchè l’individuazione delle imprese ricettive classificate (perchè tali sono la partita iva, l’iscrizione alla Camera di Commercio e il codice di attribuzione statistico ISTAT per le imprese registrate). Questa foga di regolamentare fa perdere la bussola alla Ministra e al suo staff, che non si rendono conto che per adempiere a questo cervellotico obbligo, esteso a tutto il mondo del turismo dell’accoglienza, dovranno registrare qualcosa eccedente il milione di richieste tra alberghi (32000), alberghi diffusi (1300), residenze turistico alberghiere (152000), villaggi albergo (1200), campeggi (5800), villaggi turistici (2200), marina resort (150), b&b (29000), locande (n.d.), camere (n.d.), residenze rurali (n.d.), residence (n.d.), appartamenti vacanze (1 milione), case per ferie (n.d.) , ostelli (650) , centri vacanza ragazzi (1500), centri vacanze sociali (almeno 1000), case religiose per l’ospitalità (3500), rifugi alpini (2000), case sugli alberi (500), botti (almeno 100), alloggi galleggianti (almeno 1000) , palafitte (n.d.), grotte (almeno 500), agriturismi (21000), unità abitative ammobiliate non classificate (assimilate alle locazioni a uso turistico), e naturalmente appartamenti… (se ci affidiamo al numero di annunci presenti su Airbnb, e che potrebbero comprendere tutte quelle elencate -tranne, in misura minima, gli alberghi- 630.000 unità!). Questa banca dati sarà pubblica, liberamente consultabile e accessibile agli organi di controllo tributario; così, per dare supporto alla tesi che tutto è funzionale all’evasione fiscale….

All’art.4 vengono definiti requisiti soggettivi del locatore per finalità turistiche che, in linea di principio, può essere condivisibile in quanto funzionale all’attività turistica ma non è peregrino immaginare che avrà l’effetto di dirottare verso la locazione tradizionale chi ha avuto problemi con la giustizia, con il solito pericolo di reimmergere nell’evasione totale quello che già prima era nero e, date determinate condizioni, aveva avuto la facoltà di affiorare alla luce del sole grazie alla cedolare secca.

Nell’art.5, invece, si palesa il cinismo e l’ossessione che caratterizza il sindacato degli albergatori avversi a quella che contestano e definiscono pregiudizialmente “concorrenza sleale”: attribuire alle locazioni per finalità turistica (ma ricordiamo la premessa: cosa vale quel “…per quanto compatibile…” contemplato al punto c del comma 1 dell’art.1 per cui la legge vale anche per le “…strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere…”) identici adempimenti relativi alla prevenzione antincendio con la disciminante dei posti letto: sopra i 25 necessità di ottenere il certificato prevenzione incendi, sotto i 25 l’osservanza del titolo III del Decreto Ministero Interni 9/4/94 che contempla le caratteristiche degli immobili e dei materiali da impiegare negli arredamenti e le dotazioni minime di sicurezza, con la necessità di eseguire tante e tali modifiche agli immobili da rendere antieconomico proseguire l’attività (nelle more della verificabilità da parte degli enti di controllo una verifica estesa, ma questo lo sappiamo non essere mai un problema del legislatore). )Ciliegina sulla torta? La necessità di dotarsi di dispositivi per la rilevazione del monossido di carbonio (senza neanche sollevare dall’obbligo chi non utilizza gas nell’appartamento per alcuna funzione che, visto il livello della burocrazia italiana, non sarà criterio sufficiente per esulare dall’obbligo!). E’ vero che anche Airbnb consiglia gli host, e prevede come requisito per diventare superhost, di installare questo apparato nelle cucine degli appartamenti, ma vederlo inserire con tanta sicumera, lascia un poco interdetti.

L’art.6 introduce definitivamente il limite dimensionale della necessità di aprire partita iva dal terzo appartamento gestito, con sanzioni importanti per chi non ottempera all’obbligo di segnalazione certificata di inizio attività presso lo sportello unico per le attività produttive del comune dove viene svolta l’attività, introducendo per legge nuovi adempimenti e costi per i titolari.

In sintesi, dovevamo aspettare Daniela Santanchè, la Ministra del Governo Meloni, il governo più a destra della storia della Repubblica Italiana, per rivedere introdotte norme cogenti limitative dei diritti della proprietà privata e che aumenteranno le tasse per una categoria di cittadini: un paradosso incomprensibile che minerà la fiducia di gran parte dell’elettorato che pensava di avere al governo una squadra affidabile e rappresentativa della piccola proprietà immobiliare.

E tutto questo evitando di prendere posizione sull’introduzione del codice ATECO per i property manager, espressione della professionalizzazione del settore e per i quali non è l’evasione fiscale o contributiva l’accusa sostenibile, e il nervo scoperto generale, di locatori e imprenditori turistici, della regolamentazione della pubblicazione delle recensioni sulle piattaforme digitali, nuovi arbitri del gradimento del pubblico ai servizi offerti (vista l’inattendibilità della classificazione regolamentata e la scarsa verifica -sempre per lo stesso motivo e con il ritornello della carenza di personale- delle inadempienze).

Un monito mi sento di sollevare, per mettere d’avviso i molti che non hanno dimostrato, sino a ora, di riuscire a coalizzarsi per essere incisivi sulle scelte della Ministra: il principale sindacato degli albergatori, tramite il suo direttore, sa districarsi nei corridoi parlamentari romani, e non pensate sarà un’impresa facile proporre gli emendamenti necessari per contrastare un attacco frontale a un modo di ospitare che ha caratterizzato il terzo millennio in tutto il mondo e ovunque sta ricevendo reazioni avverse… Nel momento peggiore della storia, quando sono tornati alla ribalta i problemi dell’overtourism e le locazioni turistiche sono sul banco degli imputati per fenomeni che hanno scarsa correlazione tra loro (desertificazione dei centri storici, scarsità di residenze per studenti universitari, diminuzione dell’offerta di contratti di locazione tradizionale); quando gli introiti e l’affluenza di turisti hanno superato i numeri sbalorditivi del 2019 (a macchia di leopardo sulle destinazioni italiane), è arrivata l’aggressione definitiva.

Potrebbe essere un cambiamento epocale.

Sergio Cucini tratto da https://it.linkedin.com/pulse/le-locazioni-uso-turistico-nellocchio-del-ciclone-ed-sergio-cucini?trk=public_post_feed-article-content

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